Inbox advertising: come svolgere le comunicazioni?


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha affermato che l’inbox advertising configura un trattamento di dati personali del tutto analogo all’invio di e-mail a scopo pubblicitario e che, pertanto, implica i medesimi adempimenti privacy in capo al titolare del trattamento (causa C-102/20 StWL Städtische Werke Lauf a.d Pegnitz).


Cosa si intende per inbox advertising?

In estrema sintesi, l’inbox advertising consiste in una pratica commerciale che prevede l’inserimento di banner pubblicitari all’interno della casella di posta in arrivo di un utente. La particolarità di questi banner è che hanno sostanzialmente l’aspetto di un messaggio di posta ricevuto e che sono posizionati tra le e-mail ricevute. Solitamente, questi banner risultano riconoscibili per la presenza della scritta “Annuncio” o “Ann.”, però – per il loro posizionamento e la loro configurazione – possono comunque confondere l’utente sulla loro vera natura, ossia fargli credere che si tratti di un messaggio di posta elettronica, quando in realtà è soltanto un’inserzione pubblicitaria.

Cosa ha portato alla sentenza della CGUE?

Un fornitore di energia elettrica (operante in Germania) ha adottato una campagna di inbox advertising, che prevedeva la comparsa di messaggi pubblicitari nella casella di posta in arrivo dei destinatari. Tali messaggi si distinguevano visivamente dall’elenco degli altri messaggi di posta elettronica per questi elementi: la data era sostituita dalla dicitura “Annuncio”, non era menzionato alcun mittente, il testo appariva su fondo grigio e l’oggetto della presunta e-mail promuoveva i servizi di fornitura di elettricità e gas di detta società.

Un concorrente di questo fornitore ha agito in giudizio, davanti al Tribunale del Land di Nuremberg-Fürth, che si è pronunciato ingiungendo al fornitore di interrompere la campagna di inbox advertising poiché costituente una “molestia inaccettabile” e “ingannevole” nei confronti dei consumatori, destinatari della campagna.

A questa sentenza è seguito l’appello, dinanzi al Tribunale superiore del Land, ed il successivo ricorso davanti alla Corte di giustizia federale tedesca, che ha da ultimo coinvolto la CGUE, affinché rendesse la propria interpretazione in via pregiudiziale.

Cosa ha dichiarato la CGUE e perché questo principio è importante per i titolari del trattamento?

Sintetizzando, alla CGUE è stato chiesto se e, eventualmente, a quali condizioni l’inbox advertising così come configurato fosse o meno compatibile con le Direttive 2002/58/CE e 2005/29/CE.

All’esito della causa, che si è conclusa con la sentenza del 25 novembre 2021, la CGUE ha sostanzialmente affermato che l’inbox advertising costituisce un uso della posta elettronica a fini di direct marketing di beni e/o servizi, così come disciplinata dalla Direttiva 2002/58/CE (nota anche come direttiva ePrivacy).

In particolare, secondo la Corte di Giustizia europea, i messaggi di inbox advertising presentano un rischio di confusione che può indurre l’utente che clicchi sulla stringa corrispondente al messaggio pubblicitario ad essere reindirizzato, senza che presti il proprio consenso, ad un sito Internet contenente la relativa pubblicità.

Questo principio ha delle conseguenze importanti per i titolari del trattamento, perché:

  • configurandosi in modo analogo all’e-mail marketing (marketing diretto via e-mail), anche l’inbox advertising è consentito a condizione che il destinatario abbia preliminarmente prestato il proprio consenso (manifestazione di volontà libera, specifica e informata). Sempre secondo la CGUE, a nulla rileva che l’utente finale utilizzi un servizio gratuito di posta elettronica
  • l’inbox advertising può provocare interferenze nella vita privata degli utenti, in modo del tutto analogo al c.d. spam, poiché va ad ostacolare la libera ed agevole fruizione della propria casella di posta elettronica. Sul punto, sempre per la CGUE, non rileva il fatto che il destinatario di detti messaggi/inserzioni venga scelto in modo casuale (a differenza di come, invece avviene nell’e-mail marketing, dove l’indirizzo e-mail del destinatario fa parte di una lista di contatti)
  • le inserzioni di inbox advertising costituiscono una violazione della Direttiva ePrivacy se la visualizzazione di tali messaggi pubblicitari avviene con frequenza e regolarità sufficienti per poter essere qualificata come sollecitazione commerciale “ripetuta” e se manca il consenso dell’utente/destinatario.

Aspetti applicativi

Il principio dichiarato dalla CGUE ha importanti ricadute per le aziende che intendono avviare campagne pubblicitarie di questo tipo. Il titolare del trattamento dovrà prestare attenzione ai rischi legali correlati a queste campagne, anche se le inserzioni compariranno nelle caselle e-mail di utenti individuati casualmente o comunque non conosciuti dallo stesso. Il titolare dovrà, infatti, adottare i medesimi adempimenti previsti per le campagne di e-mail marketing, tra cui in particolare:

  • idonea informativa, che illustri in particolare lo scopo del trattamento, la base legale ed i dati del titolare del trattamento
  • modalità tracciabili di raccolta del consenso dell’utente
  • preventiva valutazione d’impatto sui diritti e le libertà degli interessati, tenendo conto che l’inbox advertising costituisce una modalità innovativa e tecnologicamente avanzata di comunicazione commerciale
  • qualora si faccia ricorso a fornitori, verificare che gli stessi siano in grado di soddisfare i requisiti previsti dalla normativa prevista per la protezione dei dati personali.

Tenuto conto dell’elevata considerazione con cui le autorità federali svizzere valutano gli orientamenti delle istituzioni europee in materia di protezione dei dati personali, questa pronuncia costituisce un importante riferimento per tutti coloro che operano all’interno della Confederazione, specialmente in vista dell’entrata in vigore della nLPD.

Articolo a cura di Gianfranco Valsecchi | Legal Compliance Officer , Privacy Desk Suisse

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